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Le strategie difensive del contribuente nella fase pre-contenziosa

Le riforme che hanno interessato negli ultimi tre anni il sistema tributario, sia dal punto di vista processuale, sia dal punto di vista sostanziale hanno comportato significative conseguenze sulla difesa del contribuente e sulle strategie difensive che il difensore pone in essere a tutela del contribuente: in un sistema che continua ad essere caratterizzato da un coacervo di istituti di definizione agevolata (dichiarazioni integrative/ravvedimenti/adesioni al PVC o all’accertamento/contraddittorio preventivo/ conciliazioni giudiziali possibili sino in Cassazione), caratterizzati tutti da una progressiva ed inesorabile minore convenienza nel passaggio dall’uno all’altro, il difensore tributario deve affiancare alle necessarie competenze processuali e sostanziali, le doti di un fine stratega.

Nell’elaborazione di tali strategie difensive, il difensore deve oggi confrontarsi con il mutato quadro normativo che è intervenuto:

  • sugli istituti deflattivi (reintroducendo la possibilità di aderire in tutto o in parte al PVC ed eliminando di converso istituti come il reclamo/mediazione nella fase preliminare del ricorso)
  • sulla ristrutturazione del “contraddittorio” reso pressoché universale, salvi i casi di accertamenti automatizzati e quasi automatizzati e liquidazioni;
  • sulla trasformazione in diritto positivo di alcuni principi e/o definizioni (regime di invalidità degli atti, inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di legge, regime di invalidità delle notifiche)

1. Le strategie difensive al termine della fase istruttoria: l’adesione al PVC.

Uno degli istituti che fa la sua (ri) comparsa nel quadro normativo è la possibilità di accettare gli esiti del PVC entro trenta giorni dalla sua notifica, evitando che l’Agenzia delle Entrate avvii le procedure per l’emanazione dell’avviso di accertamento.

Si tratta di una scelta che può essere:

  • Incondizionata
  • Condizionata alla rimozione di errori manifesti

Tale scelta può aver ad oggetto solo l’integrale contenuto del PVC (non è possibile un’adesione parziale), ma può essere condizionata alla correzione di taluni errori “manifesti” che ovviamente in sede di istanza devono essere indicati specificamente, in modo chiaro ed analitico.

Cosa sia un errore “manifesto” la norma non lo precisa: si può comunque ipotizzare che si tratti di errori di calcolo, travisamenti di risultanze documentali o comunque altri errori ictu oculi riconoscibili, escludendosi tutte quelle correzioni che presuppongano un’attività interpretativa o valutativa.

In caso di istanza incondizionata, nei 60 giorni dalla richiesta l’Agenzia delle Entrate notifica l’atto di definizione dell’accertamento parziale, riducendo le sanzioni ad 1/6 (metà di quelle previste per l’adesione) e consentendone la rateazione negli stessi termini previsti per l’adesione (art. 8 D. Lgs. 218/97).

In questo caso, il mancato pagamento delle somme dovute comporta l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle stesse (senza dunque vanificare la procedura e riaprire le porte all’accertamento).

In caso di istanza condizionata, entro 10 giorni dalla ricezione dell’istanza l’Ufficio che ha redatto il PVC deve comunicare la propria risposta, informandone il contribuente e l’Amministrazione: se la risposta è positiva (e conforme alla richiesta del contribuente), l’adesione si perfeziona e nei successivi 60 giorni dalla comunicazione della risposta l’Agenzia delle Entrate notifica l’atto di definizione.

Se invece è negativa o comunque non conforme alla richiesta del contribuente la definizione non si perfeziona (salva la possibilità di presentare eventualmente una adesione incondizionata nel termine originario).

Si tratta di uno strumento interessante ed utile in qualche caso per evitare che, in sede di accertamento (che pure resta possibile), l’Agenzia delle Entrate estenda il campo di indagine e rilevi ulteriori irregolarità sfuggite ai redattori del PVC.

Resta comunque uno strumento molto rigido nel suo funzionamento: a aderisco a tutti i rilievi o non aderisco.

Nel caso in cui il contribuente condivida taluni rilievi ma non altri, pertanto non può utilizzare questo strumento, ma può comunque – laddove vi siano i presupposti – procedere con il ravvedimento di taluni rilievi sui quali non vi è concreta possibilità di risultato utile né nel contraddittorio, né in giudizio, beneficiando in quel caso di una riduzione delle sanzioni leggermente meno favorevole (1/5 anziché 1/6), ma comunque largamente più vantaggiosa di quella che potrebbe ottenere in adesione (1/3).

2. Le strategie difensive nella fase del contraddittorio preventivo

Come noto, il nuovo art. 6 bis dello Statuto del Contribuente prevede che tutti gli atti autonomamente impugnabili siano preceduti, a pena di annullabilità da un “contraddittorio informato ed effettivo”.

Il diritto al contraddittorio “non sussiste” – come recita in modo assolutamente discutibile il comma dell’art. 6 bis – solo per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale che sono stati individuati del DM 24/04/2024, oltre che nei “casi motivati di fondato pericolo per la riscossione”.

Nello specifico, gli atti automatizzati o semi automatizzati sono quelli in cui le violazioni emergono esclusivamente dall’incrocio di informazioni contenuti nelle banche dati nella disponibilità della stessa Amministrazione (articolo 2 del Dm 24 aprile 2024) come: 

a) i ruoli e le cartelle di pagamento, gli atti previsti dagli articoli 50, comma 2, 77 e 86 del Dpr 6020/1973, e gli atti emessi dall’agenzia delle Entrate-Riscossione per il recupero delle somme ad essa affidate;

b) gli accertamenti parziali, effettuati ai fini Iva e imposte dirette, e gli atti di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti ai sensi dell’articolo 38-bis del Dpr 600/1973, predisposti esclusivamente sulla base dell’incrocio di dati;

c) gli atti di intimazione autonomi di cui all’articolo 29 del Dl 78/2010 nonché gli atti di intimazione emessi per decadenza dalla rateazione;

d) gli atti di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dei seguenti tributi e irrogazione delle relative sanzioni: tasse automobilistiche, addizionale erariale tassa automobilistica, tasse sulle concessioni governative per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione, imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro dai veicoli indicati all’articolo 1, commi da 1042 a 1047, della legge 145/2018;

e) gli accertamenti catastali per l’iscrizione e la cancellazione delle annotazioni di riserva alle intestazioni catastali;

f) gli avvisi di liquidazione per decadenza delle agevolazioni fiscali, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali;

g) gli avvisi di liquidazione per recupero delle imposte di registro, ipotecarie e catastali a seguito di rettifica;

h) gli avvisi di pagamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dell’accisa o dell’imposta di consumo dovuta in base alle dichiarazioni, ai dati relativi alle contabilità e ai documenti di accompagnamento della circolazione, presentati dai soggetti obbligati;

i) gli avvisi di pagamento per indebita compensazione di crediti di accisa o per omesso, insufficiente o tardivo versamento di somme e di diritti dovuti alle prescritte scadenze ai sensi del Dlgs 504/1995.

 

Sono invece considerati atti di pronta liquidazione quelli emessi a seguito di controlli effettuati sui dati desumibili dalle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti e in possesso dell’Agenzia (articolo 3 del Dm 24 aprile 2024).

In particolare, sono esclusi dall’obbligo dell’articolo 6-bis:

a) le comunicazioni degli esiti dei controlli automatizzati effettuati ai sensi dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 per quanto riguarda le imposte dirette;

b) le comunicazioni degli esiti dei controlli automatizzati e formali di cui agli articoli 54-bis, 54-ter e 54-quater del Dpr 633/1972 ai fini Iva;

c) gli avvisi di liquidazione d’imposta, nonché di irrogazione sanzioni, per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento, omessa o tardiva registrazione degli atti e tardiva presentazione delle relative dichiarazioni dei seguenti tributi: imposte di registro e ipo-catastali, di successione e donazione, dell’imposta sui premi delle assicurazioni (legge 1216/1961), dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, di bollo e dei tributi speciali presenti nella tabella A, allegata al Dl 533/1954;

d) gli inviti al pagamento del contributo unificato e irrogazione delle sanzioni per omesso, insufficiente o tardivo versamento di cui all’articolo 248 del Dpr 115/2002.

 

Infine gli atti di controllo formale delle dichiarazioni sono quelli emessi a seguito di un riscontro formale delle informazioni dichiarate dai contribuenti o dai sostituti d’imposta con i documenti che attestano la correttezza di tali dati (articolo 4 del Dm 24 aprile 2024), tipicamente gli avvisi di cui all’articolo 36-ter del Dpr 600/1973.

In tutte queste tipologie di atto, invero, il contraddittorio non è sempre escluso in radice: molte delle disposizioni (es. 36 bis e 36 ter prevedono una procedura contraddittoria con il contribuente successiva alla notifica), ma in via generale viene comunque previsto che nel caso in cui tali tipologie di atti si estrinsechino nella notifica di un avviso di accertamento o in avviso di rettifica o in un atto di recupero, il contribuente può formulare, entro i termini del ricorso un’istanza di adesione ed attivare quindi un contraddittorio (analoga possibilità ha anche l’ufficio, prima dell’emissione dell’atto, con un apposito invito a comparire).

Al di fuori del novero degli atti suddetti, invece, il principio del contraddittorio è divenuto la regola generale, spazzando via quelle norme – come l’art. 5 ter del D. Lgs. 218/1997-  che, avendo una portata più settoriale e limitata ne restavano assorbite.

Tale principio si concretizza nella notifica di uno “schema d’atto” e nella concessione di un termine di 60 giorni per eventuali “osservazioni” ovvero per “accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo”.

Non è ben chiaro se e come queste due opzioni possano convivere (se chiedo l’accesso agli atti posso poi ancora nel termine fare le osservazioni?) né se, esercitato il diritto di accesso, vi sia una qualche forma di “sospensione” del termine per consentire di produrre osservazioni “informate ed effettive” (cosa che non pare…).

Ciò che si può osservare è che – almeno in via teorica – un accesso al fascicolo non dovrebbe quasi mai essere necessario perché:

  1. se nello schema d’atto si fa riferimento ad un PVC notificato al contribuente, questi dovrebbe aver ricevuto anche tutti gli allegati che, normalmente, contengono tutti gli elementi probatori acquisiti e che, quindi, dovrebbero essergli noti;
  2. se nello schema d’atto si fa riferimento ad atti non noti al contribuente, gli stessi dovrebbero essere riportati in stralcio all’interno dello stesso o essere allegati (la norma è prevista dall’art. 7 per gli atti impugnabili, ma essendo lo schema d’atto sostanzialmente identico all’accertamento dovrebbe per coerenza – e per consentire un contraddittorio informato – contenerli anch’esso)

Invero, il contenuto dello schema d’atto è stato ulteriormente “complicato” rispetto allo schema originario previsto nello statuto del contribuente, dal D. Lgs. 13/2024 che ha previsto l’inserimento, all’interno dello schema d’atto dell’avviso secondo cui il contribuente può presentare “in luogo delle osservazioni” istanza di accertamento con adesione.

In definitiva con lo schema d’atto il contribuente può:

  • entro 30 giorni chiedere l’accertamento con adesione
  • entro 60 giorni presentare osservazioni (o chiedere accesso agli atti)

In ogni caso, fino alla scadenza del termine di 60 giorni l’Agenzia delle Entrate non può notificare l’accertamento anche perché, se le osservazioni vengono presentate, scatta per l’Ufficio un obbligo di motivazione rafforzata: non si potrà infatti limitare a confermare l’atto come esposto nello schema notificato, ma dovrà prendere posizione specifica sulle osservazioni.

Ed infatti viene previsto che “l’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’amministrazione ritiene di non accogliere”.

Vi è in sostanza un obbligo di motivazione rafforzata che in un’ottica difensiva costituisce uno strumento molto interessate per la gestione del contenzioso.

Quanto più puntuali, argomentate e documentate (magari a mezzo di elementi o prove “contrarie”) saranno le osservazioni, tanto più l’Ufficio avrà l’obbligo di tenerne conto in sede di accertamento, a pena di annullabilità dell’avviso di accertamento.

Del resto il deposito di osservazioni particolarmente dettagliate ed argomentate (e quanto più possibile complete sotto il profilo difensivo) è una strategia da valutare anche nell’ottica di una eventuale adesione.

Come visto in precedenza in sede di schema d’atto il contribuente è avvisato del fatto che può formulare istanza di accertamento con adesione entro trenta giorni dalla notifica dello schema.

Si tratta di una istanza “libera”, che consente, così come avveniva in passato, l’apertura di un dialogo con l’Amministrazione che non trova particolari vincoli di contenuto: in questo subprocedimento si potranno evidentemente depositare memorie, esporre censure di diverso contenuto all’atto senza particolari preclusioni con il solo limite della durata del procedimento. Il tutto, ovviamente, in un’ottica difensiva ben precisa: trovare un accordo con l’amministrazione in fase pre-accertativa, escludendo già a priori il contenzioso come opzione difensiva.

Questo perché se l’accordo non viene raggiunto in questa fase, l’Agenzia delle Entrate potrà notificare un accertamento che non è soggetto ad obbligo di motivazione rafforzata e, di contro, il contribuente non avrà più la possibilità di chiedere l’adesione successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento.

Di contro, se anziché presentare l’istanza di adesione si formulano osservazioni:

  1. in caso di mancato accoglimento l’Agenzia delle Entrate avrà un obbligo di motivazione rafforzata in relazione agli elementi difensivi forniti.
  2. In caso di successiva notifica dell’avviso di accertamento il contribuente potrà comunque presentare nei quindi giorni successivi alla notifica dello stesso istanza di accertamento con adesione ma:
      • In questo caso il termine di impugnazione dell’atto è sospeso per soli trenta giorni
      • In questo caso l’ufficio “non è tenuto a prendere in considerazione elementi di fatto diversi da quelli dedotti con eventuali osservazioni presentate dal contribuente e comunque da quelli che costituiscono oggetto dell’avviso di accertamento o di rettifica

In definitiva, questo accertamento “post contraddittorio obbligatorio” ha una portata un po’ più limitata rispetto a quello che posso chiedere nei trenta giorni (del tutto “libero” quanto a contenuto), in quanto l’ufficio sarà legittimato a prendere in considerazione solo gli elementi evidenziati nelle memorie e, in caso di mancanza di osservazioni, solo quegli elementi che costituiscono “oggetto” dell’accertamento.

Da qui la necessità, in funzione strategica, di svolgere una difesa quanto più completa possibile se si ritiene di scegliere la strada delle osservazioni per almeno tre ordini di motivi:

  1. Per costringere l’Ufficio a contraddire in modo puntuale sulle argomentazioni difensive in sede di motivazione rafforzata;
  2. Perché in caso di esito non favorevole delle osservazioni un successivo accordo in extremis in sede di “adesione post accertamento” è possibile solo entro il perimetro degli argomenti trattati in sede di osservazioni
  3. Perché, anche in una prospettiva giudiziale, stante la recente modifica dell’art. 15 comma 2 del D. Lgs, 546/92, se è vero da un lato che la compensazione delle spese può essere disposta quando il contribuente risulta vittorioso sulla base di documenti decisivi prodotti solo in sede di giudizio, si dovrebbe dedurre a contrario che l’Ufficio dovrebbe essere condannato se i documenti decisivi li ho prodotti prima e l’Ufficio non li ha considerati adeguatamente.

 

3. Il nuovo regime dell’inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di legge.

A tali motivi generali se ne somma uno più specifico che è legato al tema del riordino del regime delle invalidità degli atti e dell’inutilizzabilità, che anch’esso impatta in termini di strategie difensive.

Tra le varie “novità” della riforma vi è infatti la “codificazione” dei concetti di “annullabilità”, “nullità”, “irregolarità” e l’enunciazione del principio dell’inutilizzabilità delle prove affette da vizio istruttorio.

Tale ultimo aspetto può diventare particolarmente interessante anche in fase pre-contenziosa.

Infatti il nuovo art. 7 quinquies, rubricato “vizi nell’attività istruttoria” stabilisce che “non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo, gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’art. 12 comma 5, o in violazione di legge”.

Al netto del caso piuttosto raro che elementi probatori vengano acquisiti in violazione dei termini di permanenza in azienda in sede di accesso (30 giorni lavorativi prorogabili in caso di complessità ad ulteriori 30 / 15 giorni in un trimestre per i contribuenti in contabilità semplificata o gli autonomi), non è invece infrequente che vi sia acquisizione di elementi a seguito di attività istruttorie non correttamente eseguite.

Il tema delle prove acquisite in violazione di legge è stato storicamente molto dibattuto nella giurisprudenza, che sostanzialmente era approdata ad un principio di diritto in forza del quale sono inutilizzabili solo nel caso in cui siano state acquisite in violazione di diritti costituzionalmente protetti (es. domicilio nel caso di accessi a luogo di residenza senza autorizzazione del PM motivata da gravi indizi di violazioni), mentre negli altri casi (es. accesso a luoghi ad uso promiscuo produttivo/abitativo o a locali diversi da quelli aziendali, senza autorizzazione del PM) non determinavano alcun impedimento nell’acquisizione e nell’utilizzo di elementi probatori.

La situazione oggi cambia, perché la violazione di legge – che per gli atti impugnabili costituisce sempre un vizio suscettibile di portare all’annullamento dell’atto, salvi i casi delle mere irregolarità dell’art. 7 quater – se viene commessa in sede istruttoria, vizia la prova e la rende inutilizzabile come avviene nel procedimento penale in forza dell’art. 191 c.p.p.

L’effetto è che non solo il giudice non tiene conto della prova illegittimamente acquisita, ma che neanche l’Amministrazione la può usare in sede di accertamento (“non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale”).

In questo senso, al fine di dare più forza alla difesa, sembra opportuno che laddove si rilevi un vizio istruttorio, la relativa censura non sia solo proposta in ricorso, ma sia già evidenziata a livello di contraddittorio pre-accertamento, perché anche l’Amministrazione è obbligata a non utilizzare la prova illegittimamente acquisita e ad omettere ogni riferimento ad essa in sede di motivazione dell’atto (almeno successiva alle osservazioni).

Avv. Alberto Michelis